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14 marzo 2011

Interferenze

Scena: strada cittadina con grande flusso di traffico; una persona si avvicina al passaggio pedonale e preme il pulsante sul palo del semaforo che serve a far venire il verde per l’attraversamento pedonale. Passa qualche secondo, le auto iniziano a fermarsi, appare il verde per i pedoni. La persona attraversa sotto gli occhi impazienti degli automobilisti e prosegue il suo percorso sulla parte opposta della strada, mentre ode il rumore delle auto in ripartenza.

Chissà quante volte abbiamo vissuto questa piccola e apparentemente insignificante esperienza. Tutto normale ? Non è accaduto nulla ?

Invece è cambiato tutto. Tutta la storia del mondo è cambiata.
Riflettiamo. Tutte quelle persone, a bordo delle loro auto, si sono fermate per un circa un minuto. Tutti i loro eventi, da qual momento in poi, sono stati determinati da quel minuto passato ad aspettare. Molto probabilmente gli effetti sul resto della loro esistenza saranno trascurabili, ma non è detto. Quel piccolo evento dell’attesa al semaforo può avere ripercussioni inimmaginabili.

Siccome la fantasia non mi manca, ecco una serie di possibili conseguenze:
- quel minuto di attesa ha fatto perdere il treno ad una delle persone che quindi è stata costretta ad attendere il treno successivo. Uno dei due treni potrebbe essere deragliato: la persona sarà viva o morta a seconda di quale treno ha preso. Oppure (evento meno tragico) mentre aspetta il treno successivo, conosce la persona della sua vita, che poi sposerà e con la quale avrà dei figli. Ecco che quell’attraversamento pedonale ha scatenato una progenie;
- quel minuto di attesa è servito ad arrivare un minuto più tardi a casa e a non scoprire un tradimento;
- quel minuto di attesa è servito a riflettere meglio su una cosa ed ha permesso di risolvere un problema che rischiava di avere gravi conseguenze;
Ma non voglio togliervi il gusto di immaginare mille altre conseguenze derivanti da quel minuto di attesa al semaforo.

Quello che è accaduto la definirei una “interferenza” nel “normale” susseguirsi degli eventi. Ogni evento interferisce con gli altri, ma questo dell’attraversamento pedonale ha un fascino tutto particolare che deriva dal fatto che dipende da un gesto volontario (quello del pedone che decide di premere il pulsante) e che questo gesto abbia influenza su molte persone (tutte quelle che si fermano con l’auto al semaforo e poi, a seguire, su tutte quelle che avranno a che fare con queste, e via così all’infinito).

Dev’essere per questo che, quando sono io a premere quel pulsante, mentre poi attraverso, mi assale un sottile senso di colpa ...

Teoricamente le interferenze possono sommarsi una con l’altra (perdo il treno per un minuto e subito dopo inizia lo sciopero dei ferrotranvieri ...) o annullarsi a vicenda (perdo un minuto al semaforo ma evito così di essere coinvolto in un tamponamento che accade 100 metri più aventi). A pensarci bene però, che gli eventi si sommino mi pare ovvio, mentre che si annullino completamente mi risulta alquanto improbabile: dovrebbero verificarsi due eventi, correlati tra loro e con effetti totalmente opposti ... si, veramente improbabile.

Da questa piccola riflessione emerge quanto siano fortemente intrecciati tra loro gli eventi e come interferiscano continuamente tra loro. Ne consegue che nulla è veramente trascurabile: ogni evento accade in un preciso istante portandosi dietro la storia di una molteplicità di altri eventi accaduti precedentemente: è il suo DNA, che si propagherà per sempre negli eventi a venire.

La prossima volta che premerete un pulsante per far apparire il verde di un passaggio pedonale, pensate un attimo a tutto ciò che avete appena scatenato e, mentre sentirete il rumore di tutti quei motori che ripartono, forse percepirete anche voi quel sottile senso di colpa ... ma adesso saprete da cosa dipende.

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01 agosto 2007

Acqua prigioniera

Allarme !!! Allarme !!!
Il clima sta cambiando, i consumi di acqua aumentano e lei, il bene primario, fondamentale per l’esistenza della vita, che fa ? Diminuisce, ovviamente !!!
Con l’Estate poi, la “carenza idrica” si manifesta in tutta la sua gravità.
Allora via con gli allarmi, con le immagini della calotta polare che si restringe, dei fiumi che mostrano il greto coi pesci a pancia all’aria e dei campi con le zolle riarse.

“Sensibilizzazione”. Questa è la parola d’ordine.
Siamo tutti “responsabili” per questa “catastrofe” planetaria.

Tiri due volte lo scarico nel bagno ?
Ti sciacqui troppo sotto la doccia ?
Lavi la macchina con l’acqua “potabile” ?
Innaffi le piante sul terrazzo ?

Il pianeta sene accorge e ti rimprovera: maledetta sarà la tua stirpe nei secula seculorum !

Eppure ... a me non torna !

Non torna e quindi mi sento ingannato.

Ma a chi vorrebbero “darla a bere” ?

I meccanismi nefasti per l’accadueò per me sono almeno due.

Il primo è il riscaldamento globale: è un dato di fatto.
Aumenta la temperatura media della Terra, le calotte polari si restringono e i deserti avanzano.

L’acqua dei poli si riversa in mare, diventa salata e fa aumentare il livello medio dei mari. L’acqua di mare non può essere utilizzata per gli usi umani se non dopo un processo di desalinizzazione.

Parentesi: l’acqua dolce non serve solo all’uomo, ma anche a tutti gli altri esseri viventi, animali e vegetali.

Se aumenta la temperatura media del Pianeta, è proprio vero che questo implica una minor quantità di piogge ?
Se aumenta la temperatura dell’atmosfera, l’aria sarà in grado di mantenere una maggior quantità di vapore acqueo. Ma una volta raggiunta la saturazione, il flusso delle piogge dovrebbe ristabilirsi con l’unico effetto osservabile (a parte il caldo) di una diminuzione del livello dei mari ... anzi no, se si sciolgono le calotte polari il livello dei mari dovrebbe salire, forse l’unico effetto osservabile dovrebbe essere la diminuzione dei ghiacci.
Ammesso che il livello dei mari salga, questo comporterebbe anche un aumento delle zone coperte dalle acque marine. Quindi una maggior superficie acquea sottoposta ad evaporazione; evaporazione ancor più accentuata dall’innalzamento della temperatura media dell’atmosfera.
Avremo (abbiamo ?) un’atmosfera più calda e più umida ... mediamente.

Il fatto che l’acqua dolce scarseggi invece, non può essere ricondotto soltanto al riscaldamento globale ed ai consumi umani.
O meglio, utilizzando la parola “consumi” si rischia di “canalizzare” il nostro pensiero soltanto sull’immagine del rubinetto aperto inutilmente.

Allora perché manca l’acqua ?

Pensiamo.

Utilizzo dell’acqua nella società rurale: quando serve l’acqua, la si attinge e la si utilizza quasi immediatamente. L’acqua torna “libera” nel giro di poco tempo. Libera di spargersi nel terreno, di bagnare la terra, di evaporare e di tornare disponibile sotto forma di pioggia in molto meno tempo ... quasi istantaneamente.

Utilizzo dell’acqua nella società moderna: l’acqua viene attinta molto tempo prima del suo utilizzo. Pensiamo per esempio all’Italia (ma il ragionamento è per forza di cose globale) e cerchiamo di immaginare tutti gli iper-super-maxi-mini-market che ci sono, compresi tutti i negozi di generi alimentari.
Quante bottiglie di acqua riuscite a “vedere” ?
Quante lattine di bibite ?
Quante bottiglie di birra e di vino ?
Quanti gelati e ghiaccioli ?
Quante bottiglie di colluttori, dopobarba, ecc. ?
Immaginate tutte le abitazioni: quante altre bottiglie di “acqua” vedete ? Quante cisterne di autoclavi ? Quanti frigoriferi ricoperti di ghiacci eterni ? Quante piscine ?
Pensate a tutte le condutture che portano l’acqua fin dentro le nostre abitazioni per chilometri e chilometri: quanta acqua “contengono”.
Pensate a tutte le automobili e camion e autobus: quante batterie piene d’acqua distillata vedete ?
Potete continuare a “giocare” con l’acqua immaginaria ancora per un po’ ... fino a pensare alle fogne dove tutta l’acqua moderna prima o poi va a finire. Fogne che sono ovviamente “canalizzate” e che ritardano ulteriormente il ritorno dell’acqua nell’ambiente (a volte, se vengono depurate, è un bene) e abbreviano la via alla salinizzazione marina dall’acqua.

State giocando ad ... “acqua prigioniera” !!!

Ecco secondo me qual è il vero guaio: l’acqua dolce è sempre più prigioniera e quella libera nell’ambiente è sempre meno.

Soluzione ?
Liberare l’acqua !

Con questo non intendo dire di andare a svuotare le bottiglie nei supermercati o di sabotare le condutture comunali.

Con “liberare” intendo sia ridurre il tempo per cui l’acqua resta inutilizzabile dall’ambiente, sia aumentare la permanenza nel e sui terreni delle acque già utilizzate e opportunamente depurate.

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22 dicembre 2006

Il Tempo

E’ possibile che seguirmi in questi ragionamenti, possa farvi girare un po’ la testa ... è comprensibile, visto che scrivo mentre penso e penso mentre scrivo. Io comunque vi ho avvertito ... dopo non ditemi che non ve lo avevo detto !!!


Di tutte le cose che fanno parte della vita, il tempo è sicuramente quella che mi affascina più di tutte le altre. Forse perché è quel qualcosa che sentiamo che c’è, ma non possiamo far altro che limitarci a misurare il suo ineluttabile trascorrere.
Non solo, pare che scorra solo in un senso.
Se pensiamo all’inizio dell’Universo, non possiamo fare a meno di cercare di collocarlo in un determinato momento nella nostra consueta scala del tempo. Vorremmo riuscire a fissare l’istante in cui il tutto ha avuto origine, non considerando che, se mai ci riuscissimo, stabiliremmo al “contempo” anche un prima e un dopo rispetto all’istante della creazione.
Ma ha senso stabilire un prima ? Cioè, ha senso pensare che il tempo esista anche prima dell’Universo ?
Se così fosse, ci troveremmo davanti ad uno scenario in cui il tempo sta scorrendo e non esiste ancora nulla.
Il tempo sta scorrendo così da quando ? Da sempre? E perché?
Oppure dovremmo stabilire che il tempo ha anch’esso avuto un’origine ?
In questo caso non potremmo stabilire un istante in cui il tempo ha iniziato a scorrere perché, come già detto prima, se fissiamo un istante, allora stabiliamo anche un prima, e il prima in questo caso non avrebbe senso.
E’ già difficile concepire un tempo che scorre in mancanza di tutto il resto. Immaginare un tempo che “improvvisamente” inizia a scorrere nel nulla è qualcosa di molto lontano dal nostro comune pensare ...
Il tempo scorre da solo e poi ... all’improvviso ... tutto appare dal nulla: ancora più inspiegabile !!!
Domande su domande ...
Il tempo scorre sempre alla stessa velocità ?
Ci sarebbe da definire la velocità del tempo. Non potremmo definirla come la variazione del tempo nel tempo (secondi al secondo), pena il cadere in una definizione ricorsiva. Non possiamo basarci sul tempo per misurare il tempo !
Il tempo pare essere un concetto primitivo.
Ritorniamo un attimo a pensare all’origine dell’Universo. Tutto sembrerebbe tornare se supponessimo che tempo e materia (o energia, che è la stessa cosa) coesistano forzatamente, cioè che non esista tempo senza materia. In questo caso restano aperte due ipotesi: che tempo e Universo siano sempre esistiti (questo implica il ripetersi periodico di nascite, espansioni, collassamenti e morti dell’Universo) oppure che abbiano avuto origine “contemporaneamente”. In quest’ultimo affascinante scenario il Big Bang non solo sarebbe stato una violenta apparizione di tutta la materia dal vuoto, ma anche del tempo dal mai.

Anche il buon senso sembrerebbe consigliarci che il tempo da solo non avrebbe senso o quasi. A cosa servirebbe il tempo se non fosse misurabile con qualcosa, se nulla potesse mutare appunto nel tempo stesso. Se non c’è nulla, nulla muta e tutto (il nulla in questo caso) sarebbe “sempre” identico a se stesso ... come se il tempo si fosse fermato ... come se il tempo non esistesse. Fermare il tempo vuol dire che il tempo non esiste ?
Abbiamo dentro di noi innato il senso del trascorrere del tempo. Pensare di rallentare il tempo equivale a pensare di poter, osservando col nostro consueto senso del trascorrere del tempo, rallentare il trascorrere del tempo di tutto il resto. Altrimenti se anche il nostro tempo rallentasse insieme al tempo di tutto il resto, non ci accorgeremmo se il tempo rallenta o accelera.
Ecco, per misurare la “velocità” del tempo ci vorrebbe, come sistema di riferimento, una dimensione temporale parallela alla nostra e con “velocità” costante ... ma costante rispetto a cosa ? E poi ha senso una dimensione temporale parallela alla nostra ? Forse è il caso di non chiederci più se una cosa ha senso o no per cercare di capire certe cose. Forse certe cose, pur non avendo senso, sono così.

Forse esistono dimensioni temporali parallele e contigue e lo scorrere del tempo è solo la sensazione che percepiamo passando da una dimensione all’altra.
Dall’origine dell’Universo tutto quanto ha avuto un’impulso iniziale che lo fa viaggiare indipendentemente dalla sua volontà tra gli strati contigui del tempo ? Questa ipotesi mi pare talmente improbabile, che mi verrebbe voglia di scartarla. Da sempre tutto viaggerebbe alla stessa “velocità” attraverso questi ipotetici strati temporali. Tutti alla stessa velocità, perché altrimenti dovremmo vedere effetti differenti del tempo su cose dello stesso tipo. Atomi dello stesso elemento decadere più o meno velocemente e persone invecchiare più velocemente di altre ... Caspita, questo mi pare proprio di averlo notato, ma pare che dipenda da altri fattori (genetica, stile di vita, condizioni ambientali, ecc. ecc.). Meglio usare gli atomi per certe considerazioni !
Andare indietro nel tempo, in questa ipotesi degli strati temporali, equivarrebbe ad attraversarli in “senso” contrario a quello seguito da tutta la materia del nostro Universo. Forse, se due Universi si potessero incontrare, la materia dell’uno viaggerebbe indietro nel tempo rispetto alla materia dell’altro. Ma se gli strati temporali fossero a comune ai due universi allora tutto procederebbe normalmente (nel senso temporale ben inteso !!!).

Altra ipotesi potrebbe essere la seguente: il tempo è generato dalla materia. Ogni singola particella di materia (o energia) genera un flusso di tempo, per la cui entità ci sarebbe da stabilire se sia proporzionale o no alla massa (o energia) della particella generatrice. In questo caso non credo che sia il caso di tener conto della formula che lega massa, energia e velocità della luce (E=MC2) in quanto vincolata alla velocità e quindi al tempo stesso. Comunque, se così fosse, cioè che il tempo viene generato dall’universo stesso, saremmo di fronte ad altri quesiti di un certo calibro: il tempo ha una velocità ? Se si, si potrebbe parlare di “velocità del tempo” e dato che la luce viaggia nel tempo, verrebbe da supporre che la velocità del tempo è maggiore o uguale a quella della luce. Mi immagino il fotone che mentre viaggia alla velocità della luce, essendo lui stesso energia, genera tempo, e lo genera a partire dalla sua velocità e quindi il tempo generato dovrebbe in qualche modo uscire dal fotone e quindi andare più veloce del fotone. Forse sto esagerando ...
Forse l’entità del flusso di tempo generato diminuisce con l’aumentare della velocità, per arrivare e zero alla velocità della luce. In questo caso luce e tempo avrebbero la stessa “velocità”. Oppure è assurdo anche pensare al concetto di velocità del tempo ?

Anni fa, mentre tornavo a casa in auto da lavoro, sono passato dentro un galleria. Mi son detto: “Se faccio un incidente potrei morire. Sono ancora vivo, ma alla mia età tante persone sono già morte. Se decidessi si sbandare, molto probabilmente morirei o rimarrei gravemente ferito. Il mio futuro dipende da una mia scelta e può prendere una direzione oppure un’altra. Questo è vero ad ogni istante: se faccio una cosa il mio futuro si sviluppa in un modo, mentre se ne faccio un’altra si, sviluppa in un altro modo.” Fu allora che mi balenò l’idea del multi-universo. Praticamente è un’ipotesi che consiste nel considerare la visione istantanea dell’intero Universo come la situazione derivante da tutte le scelte fatte durante la nostra esistenza: una ad ogni istante ! Ma c’è di più: ad ogni istante (e quindi ad ogni scelta) il nostro Universo si replicherebbe per ciascuna delle possibili scelte che abbiamo a disposizione. Ciascuno di noi, in ogni istante, starebbe effettuando una scelta e quindi starebbe percorrendo un determinato ramo nel grande albero delle scelte, mentre un nostro doppio sta contemporaneamente percorrendo l’altro ramo della scelta, in un universo parallelo, ormai separato dal nostro. Allora pensai che chissà quante volte ero già morto negli altri rami dell’albero delle scelte, o chissà cos’ero diventato in altri rami: più ricco, più povero, ecc. ecc.
Forse la morte è un’illusione: muoiono sempre gli altri !!! Se c’è sempre una scelta, ad ogni istante possiamo morire o restare vivi: l’istanza di noi che segue (volontariamente o no) il ramo della morte, muore, l’altra resta viva, e così via fino alla prossima eventualità.
Si potrebbe obiettare che in questo modo i possibili Universi sono straordinariamente infiniti. Non vedo controindicazioni a questa possibilità.
Potrebbe anche succedere che alcuni rami dell’albero delle scelte, dopo innumerevoli biforcazioni, si riuniscano andando a costituire lo stesso tipo di Universo. Molto grossolanamente: se perdo un euro alle nove della mattina o alle tre del pomeriggio, alle 6 della sera, mentre sto tornando a casa in auto la situazione è esattamente la stessa ... i due Universi si sono ricongiunti.

Un’altra riflessione riguarda la diversa percezione del trascorrere del tempo con l’aumentare della nostra età. Ho notato lo stesso effetto su di me e in molti mi hanno confermato la stessa sensazione. Si ha l’impressione che, quando eravamo piccoli, le giornate durassero più a lungo e ancor di più le settimane, e i mesi. Le stagioni e gli anni poi erano lunghissimi. Più cresciamo e più tutto pare scorrere più velocemente: sembra ieri che cullavo mio figlio per farlo addormentare e ora va a scuola. L’Estate passa in un baleno. Siamo già a Natale e tra poco dovremo pensare alla prossima Estate …
Per questo fenomeno ho una teoria puramente matematica e di una banalità sconcertante (a volte mi sorprendo da solo). Praticamente ciascuno di noi rapporta costantemente gli intervalli di tempo alla durata complessiva della propria esistenza: per un bambino di un anno, un giorno equivale alla 365ma parte della propria vita, mentre per un uomo di 40 anni equivale alla 14.600ma parte e, per un vecchio di 90 anni, alla 32.850ma parte. Tenuto come costante il periodo del proprio vissuto, appare sempre più breve la lunghezza dei giorni, mesi, stagioni ed anni che si vivono. Sarebbe quasi una dimostrazione che la sensazione del tempo è un prodotto della nostra mente ... se non il tempo stesso.

Perché poi quando facciamo qualcosa di interessante sembra che il tempo scorra veloce, mentre al contrario, quando facciamo qualcosa di noioso il tempo sembra “non passare mai” ? Forse perché quando siamo coinvolti psicologicamente da qualcosa, gran parte della nostra attenzione è concentrata su quella cosa e poca invece è dedicata a misurare lo scorrere del tempo, col risultato che quando torniamo ad uno stato normale di attenzione, i conti non ci tornano e ci sembra che siano stati letteralmente “saltati” dei periodi di tempo. Provate a chiedere a chi gioca intensamente ai videogiochi ...
L’esatto contrario accadrebbe quando ci annoiamo.

Fatto sta che il tempo rimane per me qualcosa di affascinante e misterioso.
Ma la vita è breve e non posso passare tutto il mio tempo a pensare al tempo.

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31 ottobre 2006

Omicidi di Stato

COMUNICAZIONE URGENTE

Al detenuto Nome Cognome, matricola 0123456789/01

La presente per informarla che in data gg/mm/aaaa alle ore hh:mm:ss la sentenza di condanna alla pena capitale a suo carico verrà eseguita nei locali del penitenziario ABCDEFGHIL di MNOPQRSTUVZ.
All’esecuzione potranno assistere anche suoi familiari.
Come consuetudine, prima di essere condotto da parte del nostro personale specializzato nei locali adibiti all’esecuzione della sentenza, potrà consumare un ultimo pasto ed effettuare le ultime operazioni di toilette, nonché usufruire del servizio di confessione ed estrema unzione. Si raccomanda la massima puntualità e rapidità nello svolgimento delle pratiche preliminari.


Distinti saluti.

La Direzione

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Non so come vengono comunicate certe cose ai detenuti in attesa di essere giustiziati, ma credo che in certe parti del mondo anche una semplice comunicazione, come quella che mi sono inventato, è impossibile da pensare.

La pena di morte o pena capitale ... è un incubo che mi sgretola l’anima.

Quando, per miracolo, gli impegni del vivere quotidiano mi distraggono per qualche tempo da questo pensiero, il mondo degli uomini mi pare sopportabile ma, non appena pongo nuovamente il pensiero a questa cosa, per la quale non trovo più un aggettivo capace di attribuire una descrizione qualitativa che coincida pienamente col mio sdegno e sgomento, tutto decade nella tristezza più profonda.

E come un toro ferito mortalmente nell’arena, sente gocciolare via la vita, mentre tutti intorno a lui applaudiscono al torero, così io lancio sguardi senza speranza alla ricerca vana di sentimenti, di chi “sente” questa cosa come la sento io. E sono li ... accanto a tutti i condannati a morte ... con l’ineluttabile fine in arrivo ... e muoio ogni volta con loro ... per ritrovarmi vivo, pronto a soffrire ancora ... ancora una volta ... come sempre senza speranza.

E più vivo queste sofferenze e più mi allontano dal comune pensare e sentire: come se cominciassi a parlare una lingua sconosciuta ai più e, al contempo, mi sentissi più vicino alle loro anime ... troppo vicino per essere visto.

Vorrei condividere questi sentimenti con un numero sempre più grande di persone, ma, più misuro il grado di sensibilità raggiunto dal prossimo, e più mi ritrovo assurdamente solo. Che sia una dannazione questa mia “condoglianza” ?

Quale strano male m’ha preso ?
E mi rituffo nella vita.

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11 luglio 2006

Frenitalia

Sarà capitato anche a voi,
di fare un viaggio Intercity,
sentire una puzza di fumo,
ad ogni frenata,
ad ogni fermata,
puzza e ripuzza,
puzza e ripuzza ...

Ormai è certo che qualcosa non va nei treni (freni ?) degli Intercity: da circa due anni a questa parte ho viaggiato parecchie volte sui treni Intercity, che un tempo erano il fiore all’occhiello delle Ferrovie. Poi sono arrivati i Pendolini e infine gli EuroStar; col termine “Intercity” mi riferisco a quei treni con i vagoni divisi in scompartimenti, ciascuno con sei posti a sedere e ai quali si accede da un corridoio laterale.

Un tempo i finestrini si potevano aprire abbassandoli, oggi sono inesorabilmente chiusi: l’aerazione dovrebbe essere assicurata da un impianto di condizionamento che solo in teoria dovrebbe soffiare aria fresca d’Estate e calda d’Inverno.

Un giorno stavo viaggiando su un Intercity, ero seduto al mio posto, quando improvvisamente, mentre il treno rallentava all’approssimarsi di una stazione, una terribile puzza di bruciato ha invaso lo scompartimento. Ho lanciato un’occhiata preoccupata a gli altri viaggiatori, chiedendogli se anche loro sentivano quella puzza terribile. Mi dissero che forse c’era un problema all’impianto di aerazione e che ad ogni frenata era sempre la stessa zolfa.

Dopo qualche fermata mi resi conto che era proprio così. Cercai scampo nel corridoio laterale, ma senza successo: la puzza infernale si ripresentava puntuale ad ogni frenata, impregnando le narici e la gola. Il viaggio, come potete vedere, fu indimenticabile ma il peggio è che fu solo il primo di una lunga serie, con relative inalazioni effettuate in viaggio per le strade ferrate d’Italia.

E pensare che il treno è reclamizzato come un mezzo di trasporto ecologico !!!
Ormai sono statisticamente certo che, quando salirò sul prossimo Intercity, dovrò intossicarmi per l’ennesima volta. Si, “INTOSSICARMI”, perché sono certo che quella puzza non è solo puzza, ma anche qualche polvere (cancerogena ???) che si sprigiona dai freni e che viene sparata direttamente negli scompartimenti dall’impianto di aerazione.

Ormai sono passati più di due anni dalla prima sniffata e di questo passo rischio la tossicodipendenza da ferodo. Sono veramente preoccupato perché non vedo miglioramenti: alle Ferrovie hanno sottovalutato il problema ?
E’ impossibile che non si siano accorti di nulla. Forse gli InterCity sono destinati a scomparire e quindi, per puro calcolo economico non si effettuano altre manutenzioni se non quelle strettamente necessarie a far girare le ruote ?

Ho anche viaggiato su treni di classe superiore e lì questo tipo di problema non esiste. Potrei superficialmente ritenere che il tutto rientra nell’ordine delle cose: più si paga e maggiori benefici si riceve (anche se non sempre è così).
Il fatto è che, a fronte di una spesa minore, mi aspetterei di ricevere un servizio più scadente solo in termini di comodità e di velocità, ma non in termini di cancro ai polmoni !!!

Lancio quest’appello nella speranza che qualcosa si smuova.
Le tre scimmiette del tempio indù di Benares si coprono alternativamente la bocca, gli occhi e le orecchie: non vorrei che si debba aggiungere la quarta scimmietta, quella che si tura il naso !!!

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01 giugno 2006

Spiaggia Libera

Tra le tante cose che mi infastidiscono, ce ne sono alcune che proprio non riesco a sopportare. Secondo me, la possibilità di godere fisicamente delle nostre coste, dovrebbe essere un diritto costituzionale. Non mi riferisco solo al bagnasciuga, ma anche alla parte di spiaggia o costa che lo precede.

Per offrire servizi accessori a quello che è il semplice godimento della spiaggia così come l’ha creata Madre Natura, ogni anno tratti di costa sempre maggiori vengono ceduti in concessione ai gestori di Lidi o Bagni che dir si voglia. Chi si accontenterebbe della semplice spiaggia è costretto a rifugiarsi in porzioni sempre più piccole e sempre più affollate delle cosiddette “spiagge libere”. I livelli di affollamento raggiungono frequentemente livelli insopportabili: la spiaggia libera viene letteralmente tappezzata da asciugamani, zainetti, ombrelloni, ecc. ecc.

L’Italia possiede un’infinità di spiagge, ma solo un’esigua percentuale è usufruibile liberamente; il resto è a pagamento ... e che pagamento !!!

Come in tutte le cose, ci vorrebbe più buon senso, ma il buon senso di solito viene messo in secondo piano da chi privilegia i propri interessi; e se quest’ultima categoria di persone ha un peso maggiore rispetto alle altre, il buon senso viene completamente sotterrato.

Andare, o forse (visto le code chilometriche di auto che si creano durante la stagione balneare) sarebbe meglio dire “stare” al mare, fa bene alla salute, sia fisica che mentale. Se si parla di diritto alla salute, la nostra mente vola su tristi lidi chiamati ospedali e farmaci. Difficilmente richiamiamo alla memoria il senso di benessere provato stando al mare. Eppure, è tutta salute !!!

Pensate che spesso anche il semplice accesso al mare è impedito: non si può neanche passare attraverso lo stabilimento balneare per raggiungere il misero bagnasciuga. Chi non paga non è degno neanche di mostrare la sua fastidiosa presenza a chi invece è “cliente”.
Possibile che per stare al mare in modo umano dobbiamo essere per forza clienti ???

Forse non in tutte le parti d’Italia la situazione è così drastica come l’ho descritta io. Siano benedetti (e tutelati) quei luoghi dove ancora è possibile alzarsi la mattina e decidere se andare al mare o no indipendentemente dal portafoglio.

Non dico che gli stabilimenti balneari andrebbero tolti, no, questo no: chi desidera usufruire di servizi a pagamento deve avere la possibilità di farlo, ma la proporzione tra spiaggia “privata” e spiaggia “libera” pende troppo a favore della prima.

Invito infatti ad osservare. Notate come, anno dopo anno, il tratto di costa dove andate a passare l’Estate, venga trasformato. Osservate pure e alzate la mano se avete visto una spiaggia libera diventare più grande (larga) rispetto all’Estate precedente. Non vedo nessuna mano alzata ... coraggio, non abbiate timore, ne sarei lieto.

Molto probabilmente noterete esattamente l’opposto: vedrete una o due file di paletti, sorreggenti una corda o una catena, tagliare via una fetta di spiaggia libera.
Vedrete poco all’interno delle file di ombrelloni e sdraie che l’anno prima non c’erano e, per finire, vedrete una nuova costruzione, adibita a bar, con l’immancabile jubox che suona e il profumo dei cornetti.
Il solito jubox e i soliti cornetti che trovavate già in tutti gli altri stabilimenti balneari.

L’anno successivo non crediate di vedere tutto ciò sparire, anzi: la presenza sul territorio risulterà consolidata per mezzo di pedalò nuovo di zecca, cabine e docce (calde e fredde).
Pare che quel tratto di costa sia stato così da sempre, ma voi, attenti osservatori, sapete bene che non è così. Se avrete l’ardire di avvicinarvi all’insediamento, molto probabilmente noterete che alcune dune o un pezzo di pineta è stato “privatizzato” per “uso parcheggio riservato ai soli clienti dello stabilimento balneare”.

L’opera è giunta a compimento; adesso non ci resta che accontentarci di quello che rimane della “nostra” spiaggia libera: se accostiamo un po’ gli asciugamani, forse riusciamo ad entrarci tutti anche quest’anno ... forse !!!

Visto che siete degli osservatori nati, avrete sicuramente notato un’altra cosa che ritengo la più sconvolgente: tutti quegli ombrelloni e quelle sdraie sono per la maggior parte del tempo desolatamente vuote. Ne deduco che o sono sovrastimate in numero oppure, se sono tutte affittate, sono sfruttate per pochissimo tempo. C’è chi affitta ombrellone e sdraie “per tutta la stagione”, e poi le usa solo qualche giorno alla settimana e magari solo la mattina o solo il pomeriggio.
In Italia quanti sono gli ombrelloni e le sdraie che stanno lì ad occupare le spiaggie solo per il tornaconto dei gestori ?

Alla faccia di chi semplicemente ama stare al mare ... e non ha bisogno degli accessori, ma soprattutto alla faccia della salute di chi non ha soldi da spendere.

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08 marzo 2006

Un mondo senza domande

A volte penso a come potrebbe essere fatta una società di extraterrestri.

Oltre alla forma fisica degli abitanti, cerco di immaginare come potrebbero essere intessute le relazioni sociali con gli abitanti di quel mondo ipotetico.

Ammesso che siano in grado di usare un linguaggio, nulla ci assicura che sia qualcosa di simile ad un linguaggio terrestre.

Essendo un linguaggio che ha avuto un’evoluzione totalmente separata dai linguaggi umani, potrebbe avere strutture diverse, più semplici o più complesse di quelle dei linguaggi terrestri.

Potrebbe avere caratteristiche in più rispetto ai nostri linguaggi e contemporaneamente essere carente di altre.

Mi piace ipotizzare che, tra le caratteristiche mancanti, ci sia quella dell’interrogazione.

Sulla Terra diamo per scontato che qualsiasi linguaggio abbia sviluppato la forma adatta per formulare una domanda: sia nella forma, usando parole apposite come “quando”, “dove”, “perchè”, “come” ed il punto interrogativo (gli Spagnoli lo mettono anche prima della frase, rovesciato, in modo da preparare il lettore all’intonazione vocale adatta alla formulazione della domanda) e sia appunto nell’intonazione.

Se esistessero popolazioni aliene capaci di comunicare senza porre alcuna domanda, allora questa scoperta ci porterebbe necessariamente a riesaminare i nostri rapporti umani, in quanto il linguaggio è derivato proprio dall’esistenza delle relazioni interpersonali e dalla necessità di scambiare delle informazioni o meglio dalla speranza che l’altro sia già a conoscenza di informazioni a noi utili.

Verrebbe quindi da pensare che tali alieni siano degli egocentrici per natura.
Un linguaggio dove non esiste la domanda lascia presupporre che chi parla sia talmente sicuro di se e privo di necessità al punto di non avere mai bisogno di chiedere nulla a nessuno.

Una popolazione di nati imparati insomma !

Questo verrebbe da pensare in prima battuta, ma se ci soffermiamo un attimo a riflettere, forse potremmo trovare qualche altra motivazione a tutto ciò.

Immaginiamo invece che i “nostri” alieni abbiano sviluppato all’inverosimile e nel corso dei millenni, la capacità di percepire i bisogni e i desideri del prossimo, senza “costringerlo” a doverli per forza formulare all’interno di una domanda. Sulla Terra questa capacità è detta “empatia” e questo mondo ipotetico lo chiamerei proprio così: “Empatia”.

Ecco allora che le frasi degli abitanti di Empatia perdono quell’alone di presunzione del quale le avevamo ammantate all’inizio. Sono frasi pronunciate per far conoscere i propri desideri e necessità in un verso e per fornire le informazioni utili nell’altro.

Su Empatia non esistono frasi di circostanza, che guarda caso sulla Terra sono sempre le solite domande sulla salute o sul tempo. Gli Empatici (quasti strani alieni) ascoltano con molta attenzione e poi, quando l’interlocutore ha finito di parlare, se hanno delle informazioni utili le dicono, altrimenti non fanno domande.

Credo che non mi dispiacerebbe abitare per un po’ su Empatia, per provare come si vive senza essere tempestati di domande.
Come potete vedere mi sto allenando: ho scritto tutto questo racconto senza domande, “raccontando” appunto questa mia idea. Facendo ciò mi sono accorto che inizialmente è difficile smettere di domandare (anche a se stessi), ma poi alla fine ho capito che è molto più altruistico dire qualcosa, piuttosto che chiederla.

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